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Digital events, mercato e reskilling

I digital events impongono di formare nuove figure professionali, non solo tecniche ma anche creative.

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La categoria dei “digital events” (webinar, virtual meetings, ecc.) si è affermata presso il grande pubblico in concomitanza con la pandemia e le misure restrittive che l’hanno caratterizzata. È stato quello il momento in cui tutti gli attori in campo, dalle imprese agli organizzatori di concerti, fiere e rassegne culturali, hanno preso definitivamente familiarità con live streaming, Zoom e via dicendo.

Vorrei provare a riflettere, analizzando anche la mia esperienza personale, sulle principali trasformazioni che i digital events hanno comportato dal punto di vista delle competenze professionali.

Nell’organizzazione di eventi esisteva una dimensione digitale anche prima del Covid

Ma se intendiamo l’evento digitale come un evento a cui è possibile partecipare senza essere presenti fisicamente, va detto che anche prima della pandemia gli eventi avevano una loro dimensione digitale. Lo streaming, il live tweeting, i contenuti generati dagli utenti, erano tutti modi di estendere la partecipazione e la visibilità nel tempo e nello spazio grazie a internet.

Le principali tecnologie, dalle connessioni 4G alle piattaforme di videoconferenza e streaming personale (qualcuno si ricorda di Periscope?), si erano già affermate prima dello scoppio della pandemia. Quello che la pandemia ha comportato è stata un’accelerazione, sia sul fronte delle tecnologie abilitanti che soprattutto delle abitudini da parte del pubblico.

Questo accelerazione ha riscritto in parte l’estetica dell’evento live, introducendo elementi del tutto nuovi, forse impensabili prima. Ricordo ad esempio le esibizioni online delle grandi star durante la pandemia, tipo la maratona live organizzata da Lady Gaga, i Kitchen Discos di Sophie Ellis-Bextor o i tutorial di basso di John Taylor. Mi colpivano le inquadrature che mostravano sullo sfondo le librerie e i divani di casa invece di casse, luci e proiezioni sul palco. Oppure, nelle situazioni più lo-fi, le riprese grezze fatte con lo smartphone a mano, con le difficoltà tipiche di una diretta fatta da soli senza strumenti professionali.

Ma attenzione, tutte queste non erano limitazioni: era l’affermazione di un nuovo linguaggio video, che prendeva a prestito le logiche “da cameretta” tipiche di gamer e videoblogger. Una dinamica che ho visto anche nel mondo della formazione, ma questo è un altro discorso.

Digitalizzazione degli eventi ed evoluzione del mercato: la mia esperienza

Nei “miei” festival, la componente digital non è una novità. Già dal 2017 il Festival della Comunicazione di Camogli è trasmesso interamente in diretta streaming su YouTube, mentre il Festival della Lentezza e Gola Gola Festival hanno da sempre uno staff social che pubblica spezzoni, dietro le quinte e altri contenuti in diretta.

Anche nella formazione, con l’aumento delle ore di aula online rispetto a quelle in presenza, anche se si tratta di un modo completamente diverso di fare lezione non posso dire che si tratti di qualcosa di radicalmente nuovo.

Le dinamiche più interessanti le ho viste piuttosto all’interno di Area Italia. Noi siamo un’agenzia di comunicazione che da sempre organizza eventi, soprattutto convention aziendali e altri eventi business. In questi ultimi anni è stato obbligatorio per noi aiutare i clienti, spesso poco attrezzati in questo senso, a dare forma a eventi che contemplassero anche una dimensione digitale.

Questa nuova domanda dal mercato ci ha portato a ideare nuove tipologie di evento, che ridefiniscono generi consolidati e li ibridano con la tecnologia. Non si tratta semplicemente di coinvolgere un service video, ma proprio di ripensare la creatività e progettare il contenuto live in modo diverso da prima, secondo i ritmi di un evento il cui pubblico non è più al 100% in presenza. Alcuni esempi:

  • digital events con lanci di prodotto live preregistrati, sulla falsariga dei keynote di Apple o il lancio della PS5
  • eventi ibridi in diretta con pubblico e relatori “misti”, alcuni in presenza e altri connessi da remoto
  • meeting aziendali in videoconferenza plenaria da centinaia di partecipanti con una produzione e una regia tipica più di un webinar
  • performance all’interno di spazi non accessibili al pubblico, come i concerti nel cantiere della chiesa di San Francesco del Prato a Parma
  • rappresentazioni teatrali in streaming video che prevedevano interazioni in diretta col pubblico da casa (quiz, UGC, ecc.).

Vendere un evento digitale: gli aspetti commerciali

Senza tanti giri di parole, un’azienda sceglie se sviluppare o meno le componenti digitali di un evento in base soprattutto a tre motivi:

  • l’estensione dell’audience e la riduzione delle barriere
  • la sostenibilità e la riduzione dell’impatto ambientale dovuto agli spostamenti
  • il beneficio di immagine e l’effetto “digital maturity”

I digital events solitamente comportano delle voci aggiuntive da mettere a budget, e dei costi crescenti. La convinzione che i digital events siano di default più economici è tutta da dimostrare, o quantomeno non può essere generalizzata. Connettività, riprese, personale aggiuntivo dedicato: la complessità tende ad aumentare e non è sempre facile dimensionare l’effort in modo appropriato in fase di preventivo.

Nel caso di eventi ibridi, spesso le voci “digital” sono scavalcate in termini di priorità da altre più “fisiche”, come la location o la sicurezza. Bisogna pertanto essere flessibili e pronti a ridefinire il progetto creativo in modo tale da semplificare gli aspetti organizzativi e tecnologici, ottimizzare la spesa e ridurre il numero di “parti mobili” durante lo svolgimento dell’evento.

Non bisogna dimenticare però che, come conseguenza di quanto detto all’inizio, oggi il pubblico si è abituato a determinati standard di qualità per quanto riguarda gli eventi digitali. La soglia minima per quanto mi riguarda è:

  • almeno due telecamere (magari una fissa non presidiata)
  • audio senza compromessi, specialmente il parlato
  • due operatori in regia: uno dedicato al video e uno al monitoraggio dello stream
  • se previsto, un terzo operatore dedicato alla piattaforma di videoconferenza (es. Zoom)
  • connettività di almeno 10 MB in upload con collegamento via cavo Ethernet (no WiFi)

Se non si è in grado di garantire questi standard, di solito suggerisco di ripensare radicalmente l’evento.

Digital events e nuove figure professionali

Più che su ruoli e figure, mi sembra utile focalizzarsi sulle competenze professionali richieste dai digital events. Come sappiamo nei team di lavoro è normale dover indossare più cappelli, ma bisogna stare attenti a non lasciare scoperte alcune mansioni chiave.

Le prime competenze che vengono in mente sono ovviamente quelle relative alle riprese audio e video in chiave live streaming. Qui la pandemia ha avuto due effetti:

  • il numero di operatori video sul mercato si è notevolmente ridotto (così come i tecnici audio, luci, ecc.)
  • le apparecchiature di ripresa e trasmissione sono diventate molto più accessibili

Si sono aperti quindi nuovi spazi per entrare in questo settore, e sul campo si sono visti all’opera molti giovani inesperti. Un rinnovamento che forse solo adesso si sta stabilizzando.

Allo stesso tempo credo che si siano profilate almeno tre sfere di competenza del tutto nuove, specifiche per gli eventi digitali, che richiedono skill sia soft che hard.

La prima è la padronanza tecnica di Zoom o di piattaforme analoghe. Stanze, sondaggi, waiting room, chat… Zoom è una straordinaria tavolozza creativa a disposizione per dare forma a situazioni interattive che non sarebbero possibili in altro modo.

Strettamente collegata, la capacità di moderare i contributi da remoto (commenti, domande, ecc.). Saper leggere in diretta la situazione, filtrare i messaggi, rispondere nel modo appropriato: un mix di sensibilità, reattività ed esperienza.

In ultimo, richiamandomi a quanto detto in precedenza, la capacità di progettare contenuti di tipo “evento” che siano in grado di coinvolgere il pubblico grazie alla tecnologia, superando la dicotomia presenza vs. remoto, o peggio ancora la domanda “meglio in presenza o in remoto?”

Perché ormai è difficile immaginare un evento totalmente privo di elementi digital: se non ci pensa l’organizzatore, ci pensa il pubblico, e poi la situazione sfugge di mano. Mi auguro che questi spunti possano essere utili a chi vuole entrare, o riqualificarsi, nel mondo dell’organizzazione eventi post-pandemia.